Le stelle, quasi come esseri viventi, nascono, vivono la propria vita e muoiono. Esse sono i principali oggetti attivi nell’universo, al quale forniscono la forza che lo anima.
Alla loro nascita tranquilla e quasi impercettibile può seguire un’esistenza lunga e quieta o breve e tumultuosa, ma le fasi prossime alla loro morte saranno segnate da eventi drammatici di magnitudine così grande, che niente nell’esistenza umana ci prepara a concepire.
Le stelle sono globi ardenti di gas caldo, che generano al proprio interno il loro calore e la loro luce. L’antagonismo fra collasso gravitazionale e pressione verso l’esterno crea una situazione di equilibrio dinamico, che si conserva per tutta la vita della maggior parte di esse.
Il periodo di vita di ogni astro è determinato dalla sua massa, cosicché la durata del suo equilibrio dinamico dipende dalla quantità di materia presente alla sua nascita.
La massa di una stella determinerà anche il modo in cui avverrà la sua morte. I suoi resti, ricchi di elementi più pesanti dei gas primordiali idrogeno ed elio, feconderanno i campi interstellari fra le stelle vive e forniranno il materiale per future generazioni stellari e per l’origine ed evoluzione della vita organica.
Proviamo ad immaginare una macchina del tempo, grazie alla quale poter sfrecciare in avanti, sino al momento in cui il Sole si avvicina alla sua morte. Vedremo una stella ormai morente che, esaurito il proprio combustibile nucleare, risplenderà dell’intenso calore generato dalla sua enorme pressione, dovuta al collasso gravitazionale; gli strati esterni invece “rimbalzeranno” dal nucleo più denso e si espanderanno in una colossale esplosione, generando una nebulosa planetaria.
In Diario di una stella morente l’intuizione fondante, che ispira ed anima l’opera di Vincenzo Caniparoli, è quella dove l’autore è colui che, grazie ad un’intuizione fulminea e a un lavoro lento e meticoloso, sa scoprire la natura del linguaggio che ha scelto, ne capisce le regole e ne sfrutta immediatamente le capacità espressive.
Egli non vive una costante battaglia interiore contro il linguaggio, forzandolo per piegarlo alle proprie esigenze espressive, ne apprende invece, pian piano, la crescente sintonia e le sue potenzialità espressive. L’analisi delle forme essenziali del suo lavoro, se portata alle estreme conseguenze, gli fa necessariamente riscoprire i legami di affinità nascosta, che lo legano a certi oggetti del mondo.
Sembra che, per uno strano gioco del destino, il prodotto dei suoi esordi con la fotografia astronomica si sia materializzato, con nuove ed inaspettate potenzialità espressive, dopo venti anni, e che l’autore abbia scoperto e stabilito che la “sua” fotografia del cielo fosse destinata a cambiare pelle, letteralmente.
La fotografia analogica e la stampa chimica in generale, la tecnica del mordançage in particolare, si sono prestate perfettamente a questo nuovo tipo di rappresentazione. La sperimentazione è al centro della sua estetica, i risultati sono complessi quanto quelli di una elaborazione grafica digitale e più interessanti di un fotomontaggio.
L’autore, come in un volo di fantasia (o in un sogno), ha scoperto la possibilità di creare situazioni fotografiche inesistenti o impossibili da catturare nella realtà. Senza più accontentarsi di “registrare” la luce degli astri, con un’operazione concettuale Vincenzo Caniparoli si propone di ricondurre tutto agli aspetti essenziali di tratti e forme fluide, fotografie di un mondo reale in caduta libera verso una sorta di dimensione astratta.
Come se potessimo davvero contemplare gli ultimi attimi di vita di una stella, i particolari vengono delicatamente suggeriti e divengono suggestioni di significati reconditi, nascosti all’interno del fotogramma. Attraverso i ritmi sinuosi di questi labirinti di veli si percepisce la struttura di un linguaggio poetico, che si fa via via manifesto ad ogni ulteriore lettura.
L’ immaginazione può penetrare là dove nessun occhio umano ha avuto la possibilità di inoltrarsi, prolungando il suo viaggio oltre i margini del conosciuto; può estrarre tutto il potenziale che giace abbandonato sotto il fondo della realtà.
Questi mordançages sono una visione finemente accordata, toccano corde dell’intimo che permettono di percepire ciò che l’autore ha sperimentato: nella superficie tessuta da fili intrecciati, tra realtà e fantasia, Vincenzo Caniparoli ha intuito la soglia dell’astratto, derivando da qui l’estetica prevalente di questo suo progetto.
Diario di una stella morente è un approccio sentimentale con la morte, che ha qui un’unica funzione: potenziare la vita.
E’ questo il fulcro della sua poetica, il romantico tentativo di esorcizzare la drammaticità degli eventi ultimi dell’esistenza, accompagnandoli in una danza di veli che regala un ritardo, un rinvio, o forse l’illusione di un’altra occasione.